Il nostro aspetto reale? Diverso da come pensiamo

I ricordi del nostro volto allo specchio interferiscono con l’immagine di noi che vediamo nelle foto: ecco perché negli scatti altrui non ci piacciamo quasi mai.

Capita anche a voi di detestare il modo in cui apparite nelle foto fatte da altri? Se la risposta è affermativa, fatevene una ragione: probabilmente, quello che vedete negli scatti altrui è il vostro reale aspetto.

Secondo una ricerca dell’Università del New South Wales (Australia), siamo talmente poco abili nel riconoscere quale foto del nostro volto è più vicina all’originale, che persino uno sconosciuto farebbe meglio di noi.

aspettoAutocoscienza. I ricercatori hanno chiesto a 130 studenti di scaricare 10 foto di sé dal proprio profilo Facebook e di metterle in ordine di “somiglianza” con il loro reale aspetto. I volontari hanno poi girato un breve video con la webcam da cui sono state tratte due foto del loro viso (una sorridente e una neutra).

La prova del nove. Le foto della webcam e dei profili sono state date quindi a 16 completi estranei, che le hanno messe in ordine di somiglianza. Le foto degli studenti e le loro foto più somiglianti sono state inserite anche in un test di riconoscimento affidato, online, ad altri 73 volontari.

Più precisi. Non solo gli sconosciuti hanno completato il test scegliendo un ordine di foto somiglianti completamente diverso da quello dei diretti interessati. Le foto scelte dai 16 “estranei” hanno portato a performance più accurate del 7% nei test di collegamento online tra gli scatti della webcam e le foto di Facebook. La prova che gli altri sono più abili di noi nel giudicare il livello di somiglianza di una foto con l’aspetto che abbiamo in carne ed ossa.

Allo specchio. A provocare il senso di estraneità delle foto sarebbero i ricordi che abbiamo del nostro viso – legati all’immagine “capovolta” di noi stessi che vediamo nello specchio. La continua esposizione a questa immagine di noi finisce col renderci piacevole il suo ricordo e sgradevole ogni scatto che non lo rispecchi fedelmente.

La forza dell’abitudine. Gli psicologi lo chiamano effetto esposizione e coinvolge anche la nostra voce: siamo talmente abituati a sentirla rimbombare nella nostra testa, che quando la riascoltiamo in una registrazione, sembra non appartenerci.

Sorriso. I volti sorridenti sono inoltre risultati più facili da abbinare al proprietario: la legge che vuole espressioni neutre nelle foto dei passaporti potrebbe dunque non essere basata su presupposti così efficaci.